"Dispiace sempre quando, strumentalmente, escono fuori notizie. Io sono una persona scomoda nel calcio, non regalo niente a nessuno a livello mediatico. Sono riservato e cerco di fare il mio lavoro con onestà e trasparenza. Roma non è un ambiente semplice: ci sono tante insidie. Se non prendi un caffè con un giornalista o non rispondi al telefono, vieni attaccato perché qualcuno è stato trattato male. Il fatto che mi abbiano attaccato dopo una mia conferenza stampa mi ha permesso di essere ancora più intransigente con me stesso. Vado avanti per la mia strada. Se Pallotta o Fienga mi diranno che ho fatto il mio tempo, vedremo. Ma per ora sento la fiducia della società. A Roma sapete che hanno spappolato tante persone: se per anni non ha vinto tanto, lo si deve anche a questi problemi. E non parlo di tifoseria, che per me è un valore aggiunto." Queste le parole di Gianluca Petrachi sul suo rapporto turbolento con la piazza e su un possibile addio, rilasciate nella giornata odierna nel corso di un'intervista ai microfoni di Sky.
Quando l'ex direttore sportivo del Torino ha deciso di accettare la chiamata del club di Pallotta la scorsa estate, la tifoseria e la stampa hanno accolto generalmente il suo arrivo in maniera positiva, anche in virtù di una conferenza di presentazione molto convincente; un uomo e un professionista schietto e misurato, capace di traghettare la Roma verso un futuro magari non scintillante ma solido, dopo il tanto clamore per nulla dell'era Monchi con le sue agitatissime campagne acquisti nonsense. Se il rapporto con i tifosi, che in buona parte ne apprezzano ancora la tempra e il polso con cui fronteggia i giornali, non ha subito terribili scossoni, quello con i media locali, nei cui confronti ha avuto uscite piuttosto dure, è sempre piuttosto burrascoso. Dalle conferenze stampa dai toni accesi, al famoso episodio di Reggio Emilia dove è sceso all'intervallo negli spogliatoi per strigliare una squadra spenta, fino alla descrizione dello scenario di un uomo solo a Trigoria vicino a consegnare le dimissioni, Petrachi è sempre stato nel mirino.
Il carattere poco diplomatico, quella scarsa predisposizione a concedere un caffè ai giornalisti, rischiano di accorciare l'avventura dell'ex Toro nella Capitale, in una piazza che ha già fagocitato personaggi come Spalletti e Sabatini, ben oltre i risultati ottenuti in campo e dietro una scrivania. Quest'ultimo in particolare, un po' per il suo carattere crepuscolare e a tratti misantropo, non è mai stato un'unanimità a Roma, nonostante il fortissimo legame con l'ambiente ribadito ad anni di distanza dal suo addio.
Tra i tanti veleni, l'unico la cui serenità non sembra essere scalfita è per ora Paulo Fonseca, che ha quasi sempre mantenuto il sorriso e la sua positività riuscendo a tenersi in equilibrio sul sottile filo di un pessimo inizio di 2020, sperando che non cada nel clima di reciproci attacchi in cui ormai vive il ds che lo ha scelto.
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