Quando a Roma parli di numeri 10, l'associazione con Francesco Totti è scontata e automatica. Un giovanissimo Gerson nell'estate del 2015 fu immortalato proprio con la maglia giallorossa numero 10 recitante però il suo nome invece che quello del Capitano, una mossa dell'allora ds Walter Sabatini che aveva fatto leva, con profitto, su questo tipo di suggestioni per strappare il prodigio brasiliano alla concorrenza del Barcellona. Tra i tifosi fu considerato tuttavia un reato di lesa maestà per un ragazzino di belle speranze ma che non aveva ancora messo piede all'Olimpico, e a posteriori probabilmente fu la prima spia d'allarme che l'avventura di Gerson nella Roma non sarebbe stata un successo. Cinque anni dopo il centrocampista ha già fatto ritorno in patria nella squadra del suo cuore, il Flamengo, peraltro acerrima rivale della squadra di Rio che invece l'ha cresciuto, la Fluminense.
A Trigoria ha rappresentato un rebus tattico irrisolto per Spalletti e Di Francesco, che lo hanno provato esterno destro, centrocampista difensivo o mezzala a seconda delle evenienze, come sottolineato poco tempo fa anche dalle parole, al veleno, del padre-agente Marcão. Nonostante alcuni picchi interessanti, in primis la doppietta al Franchi contro la squadra in cui avrebbe giocato in prestito l'anno seguente, nessuno è mai riuscito a trovargli una posizione definitiva in campo. Missione compiuta da Jorge Jesus, l'esperto allenatore portoghese ex Benfica che ora allena il Flamengo, che l'ha impostato mediano in un centrocampo a due, ruolo in cui Gerson si è esaltato vincendo tutto col suo nuovo club e diventando uno dei migliori interpreti della posizione di tutto il continente sudamericano.
Il Flamengo ora giustamente si gode i frutti di un investimento da 11,8 milioni di euro, e diversi giornalisti brasiliani si dicono certi che la società rossonera si stia apprestando a ricevere nei prossimi giorni offerte formali da club europei del livello di Borussia Dortmund e Chelsea, le quali starebbero stanziando un budget di 35 milioni euro. La Roma osserva da lontano ma neanche troppo considerando che può vantare ancora un 10% sulla futura rivendita. E con 3,5 milioni, in tempo di pandemia, si piange molto meglio sul latte versato.
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