Se un catastrofico 2020 può considerarsi positivo per qualcuno, tra questi va annoverato sicuramente il Milan nella globalità delle sue componenti. I tifosi, che da troppi anni vivevano di ricordi preferendoli alle magre soddisfazioni - e qualche umiliazione - del presente; la Società, che sembra aver trovato un minimo di stabilità prendendo le scelte giuste nel quadro di un progetto tecnico finalmente chiaro; e non ultimi i giocatori e lo staff tecnico, con Stefano Pioli in primis.
L'ex tecnico di Inter e Lazio negli ultimi 12 mesi ha convinto tutti dello spessore del suo lavoro, togliendosi l'etichetta limitativa di brava persona benvoluta da tutti che ne aveva messo in secondo piano le idee e le qualità di allenatore. Il suo Milan è sbocciato in una squadra imbattuta dal post-lockdown, con un'identità precisa e con trame di gioco piacevoli, capace di conquistare più punti di tutti nella classifica dell'anno solare e di issarsi in cima a quella della Serie A in corso. Un processo di crescita incredibile, reso possibile dal fondamentale ritorno di Zlatan Ibrahimovic: lo svedese ha cambiato il volto del Diavolo, togliendo pressione dalle giovani spalle di giocatori che sentivano la responsabilità di una maglia pesante. Una leadership esercitata in campo, con un rendimento spaventoso di 22 gol in 30 presenze da quando è tornato vestirsi di rossonero, e fuori, che ha permesso ai compagni di raggiungere una maturità tale da fare a meno della sua influente presenza nelle ultime partite, senza risentirne troppo.
Il fenomeno di Malmö è un uomo in missione, con un obiettivo dichiarato e uno sempre meno proibito da portare a termine con l'ausilio dei suoi scudieri, i vari Donnarumma, Theo, Bennacer e Calhanoglu. Il ritorno in Champions ovviamente, e perché no, uno Scudetto che manca dal 2011 (e lui c'era) e considerato alla stregua di un miraggio nelle ultime stagioni sofferte.
L'ex tecnico di Inter e Lazio negli ultimi 12 mesi ha convinto tutti dello spessore del suo lavoro, togliendosi l'etichetta limitativa di brava persona benvoluta da tutti che ne aveva messo in secondo piano le idee e le qualità di allenatore. Il suo Milan è sbocciato in una squadra imbattuta dal post-lockdown, con un'identità precisa e con trame di gioco piacevoli, capace di conquistare più punti di tutti nella classifica dell'anno solare e di issarsi in cima a quella della Serie A in corso. Un processo di crescita incredibile, reso possibile dal fondamentale ritorno di Zlatan Ibrahimovic: lo svedese ha cambiato il volto del Diavolo, togliendo pressione dalle giovani spalle di giocatori che sentivano la responsabilità di una maglia pesante. Una leadership esercitata in campo, con un rendimento spaventoso di 22 gol in 30 presenze da quando è tornato vestirsi di rossonero, e fuori, che ha permesso ai compagni di raggiungere una maturità tale da fare a meno della sua influente presenza nelle ultime partite, senza risentirne troppo.
Il fenomeno di Malmö è un uomo in missione, con un obiettivo dichiarato e uno sempre meno proibito da portare a termine con l'ausilio dei suoi scudieri, i vari Donnarumma, Theo, Bennacer e Calhanoglu. Il ritorno in Champions ovviamente, e perché no, uno Scudetto che manca dal 2011 (e lui c'era) e considerato alla stregua di un miraggio nelle ultime stagioni sofferte.
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