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Il 2020 della Juventus: un Maestro tira l’altro, in cerca della rivoluzione giusta

Vincere ma non convincere, un compromesso che troverebbe d'accordo 19 squadre di Serie A ma non la Juventus, che saluta questo 2020 con un sorriso forzato di parziale soddisfazione. Il nono Scudetto consecutivo, conquistato con il fiato corto, è un traguardo che va sicuramente celebrato ma che non cancella l'ennesima delusione europea, un mezzo fallimento se si considera che i bianconeri sono stati eliminati di nuovo non da una corazzata ma da una outsider: il Lione di Rudi Garcia come l'Ajax di Ten Hag nel 2019.
Maurizio Sarri doveva essere il pioniere di una rivoluzione copernicana che avrebbe portato la Vecchia Signora ad imporsi tramite il collettivo e non le individualità, perché solitamente questa è la via maestra da seguire per trionfare in Champions, senza chiedere a Cristiano Ronaldo di ergersi sempre sopra ai comuni mortali. Un progetto sulla carta giusto ma che si è scontrato, tra i tanti ostacoli, con l'incapacità da parte dell'ex allenatore del Napoli di entrare in sintonia a livello comunicativo con un ambiente che lo ha sempre percepito come un corpo estraneo nel migliore dei casi, o come un nemico nel peggiore. Da un Maestro della gavetta a uno esclusivamente autodidatta che si è guadagnato questo appellativo sul campo più che in panchina, dove ancora ha tanto da dimostrare. Agnelli ha deciso infatti di ripartire da Andrea Pirlo, uno che non ha certo problemi di empatia con la tifoseria. L'azzardo presidenziale aspetta con un pizzico di ansia il conforto dei risultati; l'attuale versione della Juventus ha un ritardo di 11 punti rispetto a quella di Sarri a parità di partite ed è, clamoroso a dirsi, sesta in classifica. Per convincere forse servirà ancora pazienza, ma vincere resta un imperativo che non concede sconti neanche a chi ha un nome illustre e rispettato come l'ex centrocampista della Nazionale.

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