Napoli come Roma, sempre sull’orlo di una crisi di nervi: 180’ posson bastare per discutere Gattuso e Fonseca
Nel panorama del calcio nostrano alcune piazze sono note più di altre per la difficoltà nel mantenere equilibrio nei giudizi di fronte agli immediati responsi del campo: due partite positive sono sufficienti per ambire a traguardi ambiziosi, anche troppo, e due partite negative bastano per mettere in discussione l'operato di tutte le componenti del club. Certe volte questo concetto sfocia nel pregiudizio e nell'alibi per le squadre che nascondono i propri limiti dietro agli isterismi del famigerato "ambiente", ma in altri casi si rivela tristemente vero. E esonerare la guida tecnica ne rappresenta la conseguenza diretta perche cacciare l'allenatore è la scelta più facile, se non l'unica per ottenere una scossa;
A Napoli per esempio sono giorni che per la prima volta si riflette con spirito critico sulla permanenza di Gennaro Gattuso, fino a poco tempo fa l'acclamato generale di un gruppo disposto ad andare in guerra ai suoi ordini. Il ko di Supercoppa e la sconfitta amara in rimonta a Verona sono bastati per metterlo sulla graticola, nonostante il 6-0 ai danni della Fiorentina che aveva fatto gridare euforicamente allo Scudetto risalga a soli 10 giorni fa. Gli azzurri ora sono sesti a 34 lunghezze, con tre punti nel recupero del famoso big match contro la Juve piomberebbero eventualmente in zona Champions, pienamente in linea con gli obiettivi. Sebbene sia da lungo tempo - circostanza che troppo spesso viene ignorata - che il Napoli cerca di restare in alto convivendo con le assenze pesanti di Mertens e Osimhen.
Una posizione traballante che ricorda molto da vicino quella di Paulo Fonseca, attualmente terzo alla fine del girone d'andata con la sua Roma, ma esposto alla gogna mediatica dopo il 3-0 al passivo nel derby e l'eliminazione in Coppa Italia a cui hanno fatto da contorno il pasticcio dei sei cambi e e l'alta tensione con Dzeko. Possono 180' brucianti, se non addirittura umilianti per quanto riguarda l'ecosistema giallorosso, offuscare la lucidità collettiva ed essere misura sufficiente per rivalutare, a Napoli come a Roma, la bontà dell'intero percorso affrontato fino a qui?
A Napoli per esempio sono giorni che per la prima volta si riflette con spirito critico sulla permanenza di Gennaro Gattuso, fino a poco tempo fa l'acclamato generale di un gruppo disposto ad andare in guerra ai suoi ordini. Il ko di Supercoppa e la sconfitta amara in rimonta a Verona sono bastati per metterlo sulla graticola, nonostante il 6-0 ai danni della Fiorentina che aveva fatto gridare euforicamente allo Scudetto risalga a soli 10 giorni fa. Gli azzurri ora sono sesti a 34 lunghezze, con tre punti nel recupero del famoso big match contro la Juve piomberebbero eventualmente in zona Champions, pienamente in linea con gli obiettivi. Sebbene sia da lungo tempo - circostanza che troppo spesso viene ignorata - che il Napoli cerca di restare in alto convivendo con le assenze pesanti di Mertens e Osimhen.
Una posizione traballante che ricorda molto da vicino quella di Paulo Fonseca, attualmente terzo alla fine del girone d'andata con la sua Roma, ma esposto alla gogna mediatica dopo il 3-0 al passivo nel derby e l'eliminazione in Coppa Italia a cui hanno fatto da contorno il pasticcio dei sei cambi e e l'alta tensione con Dzeko. Possono 180' brucianti, se non addirittura umilianti per quanto riguarda l'ecosistema giallorosso, offuscare la lucidità collettiva ed essere misura sufficiente per rivalutare, a Napoli come a Roma, la bontà dell'intero percorso affrontato fino a qui?
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