Juventus-Atletico Madrid, ritorno degli ottavi di finale della Champions League 2018-2019. L'epica rimonta con cui la Vecchia Signora ribalta la sconfitta del Wanda Metropolitano porta la firma a caratteri cubitali di Cristiano Ronaldo, ma viene ispirata per buona parte da un Federico Bernardeschi in serata di grazia. È il punto più alto della sua avventura bianconera, ma invece che rappresentare l'attesa consacrazione diventa l'inizio della sua parabola discendente. Da allora tante partite, tante occasioni non sfruttate a causa di prestazioni colpevolmente sbiadite, un rapporto sempre più incrinato con una tifoseria propensa ai giudizi negativi nei suoi confronti. L'avvento di Andrea Pirlo in panchina non ha invertito la tendenza, e l'esperimento di reimpostarlo come esterno a tutta fascia se non è già fallito, è ancora confinato sui campi d'allenamento della Continassa.
In un quadro di questo genere, la chiamata della Nazionale è arrivata come una boccata d'aria fresca per l'esterno di Carrara. Mancini è da sempre un suo estimatore e l'assenza di Chiesa gli ha permesso di ritrovare l'ebrezza della rete contro la non irresistibile Estonia prima di una seconda maglia da titolare contro la Polonia, sempre nel suo ruolo preferito di esterno destro: il rigore guadagnato da Belotti e trasformato da Jorginho nasce da un suo cross, anche se contro Lewandowski e soci si è vista pure la solita tendenza a perdersi in qualche ricamo di troppo negli ultimi metri di campo.
Primi segnali positivi da parte di un giocatore che ha bisogno di essere rigenerato mentalmente prima che aiutato tecnicamente e tatticamente, anche se la strada per essere qualcosa di più di un mero comprimario alla Juventus rimane molto lunga.
Se la Roma non riesce a spiccare il volo nei big match, venendo puntualmente ridimensionata, uno dei motivi risiede probabilmente nell'inesperienza ad alti livelli di alcuni titolari dell'undici tipo: giocatori come Ibanez, Villar e Karsdorp hanno mostrato ottime qualità nel corso della stagione, ma non hanno familiarità nel competere per traguardi come la qualificazione alla Champions League, proveniendo chi da mesi in panchina all'Atalanta, chi dalla seconda serie spagnola. Contro il Napoli mancavano, oltre a Veretout, Mkhitaryan e Smalling, due tra i più navigati nella rosa di Fonseca, anche se in campo c'erano comunque Dzeko e Pedro. Lo spagnolo in particolare era stato acquistato in estate a parametro zero dal Chelsea per rappresentare un valore aggiunto in termini di leadership e mentalità vincente, in virtù della sua sconfinata bacheca. Se da questo punto di vista non sembra aver particolarmente inciso sulla maturità del gruppo giallorosso, peraltro con più di un
Commenti