L'ultima apparizione della Lazio tra le grandi del calcio europeo, risale ad una trasferta al Santiago Bernabeu contro un Real Madrid più galactico nei nomi (Raúl, Van Nisterlooy, Robinho) che nei risultati. La dolorosa sconfitta per 3-1 sancì l'eliminazione degli uomini di Delio Rossi in un girone che comprendeva anche Olympiacos e Werder Brema. L'astinenza dalla competizione stava per essere interrotta nel 2015/2016, ma il percorso laziale terminò già ai preliminari per mano del Bayer Leverkusen di Hakan Calhanoglu. Dopo 13 lunghi anni di attesa quindi la Lazio torna a sentire il brivido della musichetta della Champions e lo farà trovandosi contro il Borussia Dortmund dei millennials terribili Haaland e Sancho. La Lazio si presenta ad un appuntamento con la storia con la convinzione di avere una squadra più forte rispetto a quella che si inchinò nella casa dei Blancos nel lontano 2007, che non aveva una Scarpa d'Oro e giocatori della classe di Milinkovic e Luis Alberto in mezzo al campo, ma anche con l'amara consapevolezza di non arrivarci nelle condizioni migliori.
Al rimpianto di non avere nel proprio angolo una tifoseria che aspettava da troppo tempo di vivere queste notti, si sommano i problemi di infortuni, di tardivo inserimento in rosa dei giocatori consegnati da un mercato che ha destato parecchie perplessità, e tutti gli altri campanelli d'allarme causati dal pesante ko per 3-0 contro la Samp. Per ammissione dello stesso Simone Inzaghi si è trattato di una delle peggiore sconfitte degli ultimi anni per una inspiegabile mancanza di determinazione e spirito di squadra; elementi che il tecnico pretende di ritrovare subito contro i temibili tedeschi, molto più esperti in campo internazionale.
Una seconda sconfitta simile nei contenuti a quella di Marassi, oltre che pregiudicare il cammino in Champions, rischierebbe di far prendere una piega pericolosa a una stagione appena iniziata ma sulla quale già aleggiano ombre minacciose.
Se la Roma non riesce a spiccare il volo nei big match, venendo puntualmente ridimensionata, uno dei motivi risiede probabilmente nell'inesperienza ad alti livelli di alcuni titolari dell'undici tipo: giocatori come Ibanez, Villar e Karsdorp hanno mostrato ottime qualità nel corso della stagione, ma non hanno familiarità nel competere per traguardi come la qualificazione alla Champions League, proveniendo chi da mesi in panchina all'Atalanta, chi dalla seconda serie spagnola. Contro il Napoli mancavano, oltre a Veretout, Mkhitaryan e Smalling, due tra i più navigati nella rosa di Fonseca, anche se in campo c'erano comunque Dzeko e Pedro. Lo spagnolo in particolare era stato acquistato in estate a parametro zero dal Chelsea per rappresentare un valore aggiunto in termini di leadership e mentalità vincente, in virtù della sua sconfinata bacheca. Se da questo punto di vista non sembra aver particolarmente inciso sulla maturità del gruppo giallorosso, peraltro con più di un...
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