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I due volti del turnover: la Roma sorride, il Napoli mastica amaro

Il turnover è un elemento che da sempre divide gli allenatori in due immaginarie fazioni: c'è chi vorrebbe giocare sempre con gli stessi 13-14 giocatori per non perdere mai un briciolo dell'identità di squadra, e chi, con un calendario sempre più intasato per diversi motivi, è consapevole della necessità di coinvolgere tutta la rosa per non lasciare per strada qualche competizione. Il problema si fa più incalzante per i club che sono impegnati in Europa League e sono costretti quindi a giocare di Giovedì con lo scarso tempo di recupero tra una partita e l'altra a disposizione, a cui si aggiunge talvolta anche l'onere di una lunga trasferta. 
Per il debutto stagionale in Europa, il Napoli ha cambiato solo tre pedine rispetto all'esaltante vittoria contro l'Atalanta, mentre la Roma ha optato per una maxi turnazione di nove elementi. Scelte che sembravano destinate a portare Fonseca sul banco degli imputati in caso di passo falso; a sorpresa però è l'allenatore portoghese a gioire dopo aver schierato nel secondo tempo della sfida contro lo Young Boys l'artiglieria pesante, mentre Gattuso, che in conferenza stampa aveva ricordato come ai tempi in cui era allenatore del Milan rotazioni troppo ampie si fossero rivelate dannose, mastica amaro. Che conclusioni trarre da questi risultati? 
Sicuramente la strategia di tenere in panchina i grossi calibri pronti a subentrare in caso di necessità può rivelarsi vincente, ma è la mentalità più che gli uomini a fare la differenza. Le squadre italiane hanno sempre avuto un problema di approccio nei confronti della competizione, specie ai gironi, con Milan, Inter e Lazio che negli ultimi anni sono uscite prematuramente nonostante il livello non irresistibile degli avversari. Un problema dunque di testa più che di turnover. 

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