Doveva essere il giorno del giudizio per la Juventus e così è stato. La partita contro il Lione era crocevia fondamentale per valutare la stagione bianconera nel suo complesso, contro un avversario da rimontare dopo l'andata al Parc OL, ma assolutamente abbordabile, sia sulla carta che per quanto espresso dai 90' minuti dello Stadium. Dopo la vittoria inutile di ieri targata principalmente Ronaldo, c'è un'Italia pallonara che esulta e un'altra, ovviamente quella juventina, piena di dubbi e incertezze sul prossimo futuro; perché vincere è l'unica cosa che conta, ma se non è sinonimo di passaggio del turno poco importa.
L'intervista a fine partita di un deluso ma sempre lucido Andrea Agnelli ha offerto numerosi spunti, allontanando apparentemente ombre da un gruppo dirigente non esente da responsabilità, e mettendo indirettamente sul banco degli imputati quello che secondo molti è il principale colpevole, Maurizio Sarri. Il numero uno della Juventus ha ufficialmente dato il via al tempo dei confronti e delle riflessioni per capire se è giusto andare avanti col tecnico di Figline, uno scenario simile a quello di poco più di un anno quando poi si arrivò alla separazione con Allegri. La Vecchia Signora -Sarri può stare tranquillo - non prenderà decisioni "dilettantesche" in base ad una sola partita, ma è l'andamento complessivo antecedente ad essa che verrà messo sotto esame, e qui Sarri deve essere meno tranquillo. La domanda che ci si dovrebbe porre è: un allenatore che ha vinto uno Scudetto da favorito, con la squadra più forte e abituata a vincere, merita automaticamente la conferma a prescindere da un altro tipo di valutazione? Il bilancio bianconero quest'anno racconta di una eliminazione precoce in Champions, due finali perse in Supercoppa e Coppa Italia e di un campionato vinto col fiatone facendo registrare numeri negativi , se presi nell'insieme degli ultimi nove anni di dominio in Italia, per totale di sconfitte, gol subiti, punti e distanza dalle inseguitrici. Il tutto senza neanche parlare dell'attuale fallimento di un progetto tecnico che non può essere riassunto dal fatto di non avere i giocatori con le caratteristiche più adatte alla propria idea di calcio, se chi va poi in campo non dà l'idea di avere chiare le consegne del proprio allenatore.
Va detto che al momento due fattori girano in favore dell'ex tecnico del Napoli, comunque a forte rischio esonero, soprattutto tenendo a mente che una società come la Juventus prende sempre decisioni razionali e a mente fredda: in primis la finestra temporale molto esigua tra la fine di questa stagione e l'inizio della prossima, che complica la tentazione di un cambiamento radicale. In secondo luogo l'identità del suo sostituto. L'unico che potrebbe far saltare il banco senza troppi indugi è Zinedine Zidane, che potrebbe non restare al Real, ma il nome più concreto ad oggi è quello di Simone Inzaghi. Un profilo molto stimato da tempo, ma non facile da strappare alla Lazio con cui sta temporeggiando sul rinnovo del contratto, e pur sempre digiuno di esperienza in una competizione che senza tanti giri di parole, è quella che a Torino sposta i giudizi.
Giorni caldi per Andrea Agnelli, la Juventus si affida alla saggezza del suo Presidente per ripartire dopo una stagione di promesse non mantenute, ma pur sempre vincente.
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