Non dire gatto se non ce l'hai nel sacco, diceva il buon vecchio Trap. Mai essere tranquilli sul buon esito di una trattativa prima del momento delle firme, specie se di mezzo ci sono grandi giocatori con il loro bagaglio di capricci, esigenze e ripensamenti. Una regola aurea che vale per tutte le società di calcio, e la Lazio non fa eccezione. In anni recenti il club di Lotito è stato suo malgrado di una serie di telenovele di mercato, terminate in modo nefasto ma con conseguenze poi non sempre negative.
In origine fu Burak Yilmaz, attaccante turco che Igli Tare aveva adocchiato come il rinforzo ideale per il reparto offensivo di Petkovic, da affiancare a Miro Klose ; una lunghissima soap opera della durata di più stagioni, 2012 e 2013. Un primo assalto fallito quando la punta era reduce da un biennio con valanghe di gol al Trabzonspor, con il bis concesso l'estate seguente dopo il trasferimento al Galatasaray e un altro anno molto prolifico, 24 reti in campionato e ben 8 in Champions, che ne avevano fatto impennare la valutazione da 6 milioni a circa 15. Dopo mesi di trattative estenuanti, tra future rivendite, improbabili contropartite non gradite, modalità e dilazioni di pagamento, l'esito fu il medesimo in entrambi i casi e di Yilmaz (che a 35 anni è fresco di firma con i francesi del Lille) neanche l'ombra nella Capitale.
Nel 2014 fu il turno del compianto Davide Astori che scatenò un vero e proprio derby di mercato. In uscita dal Cagliari, il centrale difensivo era un passo dal chiudere con la Lazio, prima di un vero e proprio blitz dell'allora ds della Roma Walter Sabatini, che superó l'offerta di Lotito e convinse subito il giocatore, che in giallorosso disputò poi una sola stagione avara di soddisfazioni personali e senza convincere.
Salto temporale in avanti di due anni per l'incredibile vicenda Marcelo Bielsa che riempí per giorni le prime pagine dei giornali, ma che insegna anche che non tutto per il male vien per nuocere. Quattro settimane di intensi dialoghi con l'allenatore argentino per arrivare a un'intesa verbale, poi i tentennamenti, la tentazione della panchina della Nazionale albiceleste, il comunicato ufficiale della società che a sorpresa annuncia il Loco, infine le dimissioni due soli giorni più tardi dopo non essersi presentato a Fiumicino: un copione degno di un drammaturgo. Bielsa si giustificò dichiarando che dopo un mese dai primi contatti non era arrivato nessuno dei sette giocatori indicati per il suo progetto tecnico, versione seccamente smentita da Lotito. Nessun rimpianto e nemici come prima, considerando che sulla panchina laziale in seguito si è seduto Simone Inzaghi.
Il tour degli obiettivi sfumati al traguardo prosegue fino ai giorni nostri, precisamente al Gennaio scorso e al viaggio di Tare a Londra per Olivier Giroud. Vero, in questo caso le firme non erano così prossime come nei casi precedenti, ma il ds albanese si era scomodato a prendere un aereo per tornare a Roma con in tasca qualcosa di più di un semplice accordo di massima, missione poi fallita. Un colpo di grande esperienza internazionale sfumato come successo ieri con David Silva, che ha fatto infuriare i vertici dirigenziali della Lazio. Anche se visti i precedenti, forse la colpa non è da ricercare solo nella volubilità altrui.
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