C'erano una volta i Presidenti-tifosi che facevano il loro ingresso nel mondo del pallone per una questione di cuore più che di portafoglio. Figure in via di estinzione, frammenti di un calcio che non c'è più, che ha lasciato il posto alla caccia alle plusvalenze e a imprenditori che cercano nuove frontiere per espandere il loro business. Discorso che peraltro prescinde da qualsiasi sfumatura nazionalista, perché anche i vari Lotito e De Laurentiis che nell'ultimo decennio si sono fatti apprezzare per la bontà della loro gestione economica, hanno sempre adottato approcci molto diversi dai Cragnotti e dai Ferlaino, personalità che non hanno badato a spese (pagandone anche le conseguenze) per scrivere le pagine più gloriose della storia dei rispettivi club.
È un dato di fatto comunque come in Serie A le società siano sempre meno italiane al timone di comando: sono sette ormai le squadre del nostro campionato in mano a proprietà straniere, di cui addirittura cinque riconducibili agli Stati Uniti. Cinque e mezzo, se consideriamo che il bolognese Joey Saputo viene dal vicino Canada. L'ultima ad aggiungersi in ordine di tempo ad una lista che comprende il Milan controllato dal fondo Elliott, la Fiorentina di Commisso, la Roma di Friedkin e il Parma di Krause, è lo Spezia che ha appena ceduto il pacchetto di maggioranza a Robert Platek, uomo d'affari e fondatore del fondo d'investimento che gestisce il patrimonio del miliardario americano Michael Dell. In neanche un anno solare sono stati ben tre i passaggi di consegne completati a favore di magnati a stelle e strisce (Roma, Parma e appunto Spezia). Un trend che sicuramente è in relazione anche con la considerazione in grande ascesa del soccer negli States.
La Serie A sta cominciando ad adattarsi ad un fenomeno di globalizzazione già ampiamente conosciuto nella Premier League inglese: e se proprio bisogna rassegnarsi all'idea di un calcio meno romantico, speriamo almeno che i capitali provenienti dal Nordamerica e dagli altri continenti ci portino in una nuova era dal punto di vista della competitività e della modernità delle infrastrutture.
È un dato di fatto comunque come in Serie A le società siano sempre meno italiane al timone di comando: sono sette ormai le squadre del nostro campionato in mano a proprietà straniere, di cui addirittura cinque riconducibili agli Stati Uniti. Cinque e mezzo, se consideriamo che il bolognese Joey Saputo viene dal vicino Canada. L'ultima ad aggiungersi in ordine di tempo ad una lista che comprende il Milan controllato dal fondo Elliott, la Fiorentina di Commisso, la Roma di Friedkin e il Parma di Krause, è lo Spezia che ha appena ceduto il pacchetto di maggioranza a Robert Platek, uomo d'affari e fondatore del fondo d'investimento che gestisce il patrimonio del miliardario americano Michael Dell. In neanche un anno solare sono stati ben tre i passaggi di consegne completati a favore di magnati a stelle e strisce (Roma, Parma e appunto Spezia). Un trend che sicuramente è in relazione anche con la considerazione in grande ascesa del soccer negli States.
La Serie A sta cominciando ad adattarsi ad un fenomeno di globalizzazione già ampiamente conosciuto nella Premier League inglese: e se proprio bisogna rassegnarsi all'idea di un calcio meno romantico, speriamo almeno che i capitali provenienti dal Nordamerica e dagli altri continenti ci portino in una nuova era dal punto di vista della competitività e della modernità delle infrastrutture.
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