Agli occhi lontani degli spettatori esterni sembra che alcune squadre che fanno parte dell'elite europea siano quasi inscalfibili, impassibili di fronte ai normali problemi dei comuni mortali del mondo del pallone. Specie una squadra come il Liverpool, che nell'ultimo triennio ha vinto tutto riscrivendo i libri dei record della Premier League.
Eppure tutto il mondo è paese, e neanche un top manager come Jurgen Klopp dispone di una formula magica per far sì che i suoi giocatori mantengano gli altissimi standard di rendimento a cui hanno abituato. La stagione dei Reds non è partita e non sta proseguendo sotto una buona stella, a cominciare dalla mole di infortuni che ha fatto fuori tutti i difensori centrali, primo fra tutti ovviamente quel Van Dijk andato ko a causa di un intervento killer di Pickford durante il derby contro l'Everton. Se alla scelta obbligata di schierare spesso e volentieri due centrocampisti nel cuore della retroguardia, si sommano le prestazioni in chiaroscuro di alcuni leader del gruppo, nonché di alcuni acquisti (chi ha detto Thiago?) ecco che la frittata è fatta.
Nelle ultime due partite è toccato ad Alisson diventare protagonista in negativo con errori ripetuti e gravi, inspiegabili e inaspettati da un portiere che a Roma viene ricordato con grande nostalgia, la cui ombra ingombrante ancora aleggia sopra ai suoi successori tra i pali dell'Olimpico. Dopo la sciagurata performance nel big match contro il Manchester City, un'uscita sconclusionata dell'estremo difensore brasiliano ha vanificato quanto di buono Firmino (autore di un assist meraviglioso per Salah) e compagni avevano fatto vedere per più di un'ora al King Power Stadium, con sprazzi incoraggianti di quel gegenpressing tra i segreti principali dei successi del Liverpool.
I paragoni con il reietto Karius hanno cominciato a moltiplicarsi ma Klopp ha difeso il suo numero uno, settimo nella corsa al Pallone d'oro nel 2019 e vincitore del premio Yashin nello stesso anno, dopo la sconfitta contro i citizens e c'è da scommettere che lo farà ancora: i vincenti non si distinguono per la loro capacità di non cadere mai, ma per come, dopo una caduta, trovano la forza di rialzarsi.
Eppure tutto il mondo è paese, e neanche un top manager come Jurgen Klopp dispone di una formula magica per far sì che i suoi giocatori mantengano gli altissimi standard di rendimento a cui hanno abituato. La stagione dei Reds non è partita e non sta proseguendo sotto una buona stella, a cominciare dalla mole di infortuni che ha fatto fuori tutti i difensori centrali, primo fra tutti ovviamente quel Van Dijk andato ko a causa di un intervento killer di Pickford durante il derby contro l'Everton. Se alla scelta obbligata di schierare spesso e volentieri due centrocampisti nel cuore della retroguardia, si sommano le prestazioni in chiaroscuro di alcuni leader del gruppo, nonché di alcuni acquisti (chi ha detto Thiago?) ecco che la frittata è fatta.
Nelle ultime due partite è toccato ad Alisson diventare protagonista in negativo con errori ripetuti e gravi, inspiegabili e inaspettati da un portiere che a Roma viene ricordato con grande nostalgia, la cui ombra ingombrante ancora aleggia sopra ai suoi successori tra i pali dell'Olimpico. Dopo la sciagurata performance nel big match contro il Manchester City, un'uscita sconclusionata dell'estremo difensore brasiliano ha vanificato quanto di buono Firmino (autore di un assist meraviglioso per Salah) e compagni avevano fatto vedere per più di un'ora al King Power Stadium, con sprazzi incoraggianti di quel gegenpressing tra i segreti principali dei successi del Liverpool.
I paragoni con il reietto Karius hanno cominciato a moltiplicarsi ma Klopp ha difeso il suo numero uno, settimo nella corsa al Pallone d'oro nel 2019 e vincitore del premio Yashin nello stesso anno, dopo la sconfitta contro i citizens e c'è da scommettere che lo farà ancora: i vincenti non si distinguono per la loro capacità di non cadere mai, ma per come, dopo una caduta, trovano la forza di rialzarsi.
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