Quando prendi un allenatore come Antonio Conte, sai bene che affinché il rapporto funzioni in maniera proficua è necessario che venga accontentato in ogni sua richiesta; e se non lo sai, ne fai le spese sulla tua pelle durante la stagione, come ha fatto l'Inter che ha dovuto incassare più di uno sfogo sopra le righe da parte del suo tecnico. Questo vale per la società e per i dirigenti, che devono seguire i suoi diktat sul mercato, ma anche per i giocatori, che devono avere dal momento in cui mettono piede ad Appiano l'atteggiamento da lui preteso e soprattutto essere funzionali al suo stringente credo calcistico.
Accade così, che dopo i mesi difficili passati da Eriksen dal suo arrivo a Milano, un esterno fresco campione d'Europa (e finalista di un Mondiale solo due anni fa), torni alla base per fine prestito con un triplete appena depositato in bacheca, senza poter trovare una reale sistemazione in squadra. Appare molto difficile infatti che Ivan Perisic possa convincere Conte a modificare il suo schematico 3-5-2 per fargli spazio, così come ad oggi è poco realistico immaginare una sua ricollocazione da esterno a tutta fascia, dopo il tentativo non andato a buon fine la scorsa estate. La realtà è che l'Inter è semplicemente in attesa di acquirenti che si facciano avanti, con i sondaggi che arrivano dalla Germania e il Manchester United che ha nel croato un pallino di vecchia data, anche perché comprensibilmente c'è una rosa di 32 elementi che va sfoltita e con la quale monetizzare per sbloccare nuovi arrivi. Qualcuno potrebbe obiettare che se Perisic fosse così indispensabile il Bayern l'avrebbe riscattato, a maggior ragione visto che i nerazzurri avevano progressivamente rivisto al ribasso le proprie pretese: i tedeschi però hanno ragionevolmente deciso di non investire su un 31enne dopo l'ultima trionfale stagione, visto il contestuale arrivo del più giovane (e forte) Leroy Sané.
Il paradosso però in casa Inter resta e non può non essere evidenziato: prendere amaramente coscienza nelle notti europee di un deficit di esperienza ad alti livelli, per poi accompagnare all'uscita un giocatore che ha contribuito attivamente alla vittoria dell'ultima Champions, giocando da titolare tutte le partite delle Final Eight eccezion fatta per la finale.
Accade così, che dopo i mesi difficili passati da Eriksen dal suo arrivo a Milano, un esterno fresco campione d'Europa (e finalista di un Mondiale solo due anni fa), torni alla base per fine prestito con un triplete appena depositato in bacheca, senza poter trovare una reale sistemazione in squadra. Appare molto difficile infatti che Ivan Perisic possa convincere Conte a modificare il suo schematico 3-5-2 per fargli spazio, così come ad oggi è poco realistico immaginare una sua ricollocazione da esterno a tutta fascia, dopo il tentativo non andato a buon fine la scorsa estate. La realtà è che l'Inter è semplicemente in attesa di acquirenti che si facciano avanti, con i sondaggi che arrivano dalla Germania e il Manchester United che ha nel croato un pallino di vecchia data, anche perché comprensibilmente c'è una rosa di 32 elementi che va sfoltita e con la quale monetizzare per sbloccare nuovi arrivi. Qualcuno potrebbe obiettare che se Perisic fosse così indispensabile il Bayern l'avrebbe riscattato, a maggior ragione visto che i nerazzurri avevano progressivamente rivisto al ribasso le proprie pretese: i tedeschi però hanno ragionevolmente deciso di non investire su un 31enne dopo l'ultima trionfale stagione, visto il contestuale arrivo del più giovane (e forte) Leroy Sané.
Il paradosso però in casa Inter resta e non può non essere evidenziato: prendere amaramente coscienza nelle notti europee di un deficit di esperienza ad alti livelli, per poi accompagnare all'uscita un giocatore che ha contribuito attivamente alla vittoria dell'ultima Champions, giocando da titolare tutte le partite delle Final Eight eccezion fatta per la finale.
Commenti