Quando l'urna di Nyon ha regalato l'accoppiamento con lo Shakhtar Donetsk, in quel di Trigoria si deve essere subito sperato che la seconda reunion di Paulo Fonseca con una sua vecchia squadra, terminasse come la prima con lo Sporting Braga. Almeno nell'esito finale, perché la Roma sa che portare a termine il doppio confronto degli ottavi con la stessa serenità del turno precedente non sarà semplice. Gli ucraini sono avversario ostico e i capitolini non hanno neanche bisogno di mettere a fuoco il doppio 0-0 contro l'Inter nel girone di Champions terminato proprio davanti ai nerazzurri, per ricordarselo.
Roma-Shakhtar è diventata ormai quasi un appuntamento fisso in campo internazionale, con tre incroci, sei partite in totale, tutte nella massima competizione continentale, già in archivio negli ultimi 15 anni. L'ultimo risale al 2018, con il gol di Dzeko, tornato a disposizione per stasera con un tempismo eccezionale, decisivo per ribaltare il 2-1 dell'andata e lanciare i giallorossi verso un quarto da leggenda con il Barcellona. Indimenticabile fu il salvataggio sulla linea a tempo scaduto di Bruno Peres, fondamentale per evitare un doppio svantaggio nel gelo di Kharkiv che sarebbe stato fatale nel computo dei 180'. Sulla panchina dei Minatori c'era ovviamente quel Fonseca, che quella stagione festeggió la vittoria contro il Manchester City di Guardiola con conseguente eliminazione del Napoli ai gironi presentandosi in conferenza stampa vestito da Zorro, e che oggi ha fatto il salto della barricata.
Ma la squadra oggi allenata da Luis Castro non evoca solo dolci ricordi, perché la Roma è uscita sempre sconfitta quando ha giocato in Ucraina: 1-0 ai gironi nel 2006/2007 e 3-0 negli ottavi del 2010/2011 (con Montella che aveva appena sostituito il dimissionario Claudio Ranieri), oltre al già citato ko di tre anni fa. Ecco perché vincere stasera all'Olimpico diventa fondamentale, giocandosi magari una carta a sorpresa come Henrikh Mkhitaryan. L'armeno, per cui lo Shakhtar ha rappresentato il trampolino di lancio verso una carriera prestigiosa tra Bundesliga, Premier League e Serie A, potrebbe essere schierato da "falso nove" per sfruttare la staticità della difesa di una formazione che ha sempre fatto della trazione offensiva e dell'anima brasiliana nell'altra metà campo il suo punto di forza.
Roma-Shakhtar è diventata ormai quasi un appuntamento fisso in campo internazionale, con tre incroci, sei partite in totale, tutte nella massima competizione continentale, già in archivio negli ultimi 15 anni. L'ultimo risale al 2018, con il gol di Dzeko, tornato a disposizione per stasera con un tempismo eccezionale, decisivo per ribaltare il 2-1 dell'andata e lanciare i giallorossi verso un quarto da leggenda con il Barcellona. Indimenticabile fu il salvataggio sulla linea a tempo scaduto di Bruno Peres, fondamentale per evitare un doppio svantaggio nel gelo di Kharkiv che sarebbe stato fatale nel computo dei 180'. Sulla panchina dei Minatori c'era ovviamente quel Fonseca, che quella stagione festeggió la vittoria contro il Manchester City di Guardiola con conseguente eliminazione del Napoli ai gironi presentandosi in conferenza stampa vestito da Zorro, e che oggi ha fatto il salto della barricata.
Ma la squadra oggi allenata da Luis Castro non evoca solo dolci ricordi, perché la Roma è uscita sempre sconfitta quando ha giocato in Ucraina: 1-0 ai gironi nel 2006/2007 e 3-0 negli ottavi del 2010/2011 (con Montella che aveva appena sostituito il dimissionario Claudio Ranieri), oltre al già citato ko di tre anni fa. Ecco perché vincere stasera all'Olimpico diventa fondamentale, giocandosi magari una carta a sorpresa come Henrikh Mkhitaryan. L'armeno, per cui lo Shakhtar ha rappresentato il trampolino di lancio verso una carriera prestigiosa tra Bundesliga, Premier League e Serie A, potrebbe essere schierato da "falso nove" per sfruttare la staticità della difesa di una formazione che ha sempre fatto della trazione offensiva e dell'anima brasiliana nell'altra metà campo il suo punto di forza.
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