Dopo i dolorosi e soffertissimi addii di Totti e De Rossi, la fascia di Capitano della Roma ha faticato a trovare un padrone definitivo passando dal braccio di Alessandro Florenzi, ceduto prima al Valencia e poi al Psg, a quello di Edin Dzeko, degradato di recente dopo il litigio con Paulo Fonseca. La chiusura della parentesi bosniaca in favore di un altro figlio della Lupa come Lorenzo Pellegrini, è stata accolta con un po' di scetticismo nella Capitale: le qualità tecniche del numero 7 giallorosso non sono mai state messe in dubbio se non dai suoi sistematici detrattori, ma la sua personalità e la capacità di prendere per mano la squadra nei momenti importanti è spesso stata piuttosto ondivaga.
Oggi però, a quasi due anni di distanza dalla famosa investitura di Totti, che durante la conferenza stampa d'addio come dirigente lo incoronó suo erede e futuro Capitano nonostante la presenza in rosa di Florenzi, Pellegrini sembra sbocciato nelle vesti del giocatore che tutti a Trigoria speravano potesse diventare. Più continuo e maturo che mai dopo la seconda paternità, ma generoso come sempre nell'adattarsi a seconda delle necessità al ruolo di trequartista o di centrocampista centrale, la splendida prova a tutto campo contro lo Shakhtar Donetsk funge da testamento della sua costante crescita. Anche se progressi sensibili in termini di leadership si erano già intravisti nell'ultimo periodo; un esempio su tutti il gol del 4-3 allo Spezia in pieno recupero, di cruciale importanza per rimanere a galla in un momento molto delicato della gestione Fonseca.
Adesso la priorità diventa il rinnovo di un contratto la cui scadenza nel 2022 si avvicina pericolosamente, senza dimenticare la spada di Damocle della clausola rescissoria da 30 milioni: nessuno mette in dubbio la permanenza del classe '96, ma è tempo che le frequenti parole di elogio della dirigenza romanista nei suoi confronti si tramutino in un più rassicurante nero su bianco.
Oggi però, a quasi due anni di distanza dalla famosa investitura di Totti, che durante la conferenza stampa d'addio come dirigente lo incoronó suo erede e futuro Capitano nonostante la presenza in rosa di Florenzi, Pellegrini sembra sbocciato nelle vesti del giocatore che tutti a Trigoria speravano potesse diventare. Più continuo e maturo che mai dopo la seconda paternità, ma generoso come sempre nell'adattarsi a seconda delle necessità al ruolo di trequartista o di centrocampista centrale, la splendida prova a tutto campo contro lo Shakhtar Donetsk funge da testamento della sua costante crescita. Anche se progressi sensibili in termini di leadership si erano già intravisti nell'ultimo periodo; un esempio su tutti il gol del 4-3 allo Spezia in pieno recupero, di cruciale importanza per rimanere a galla in un momento molto delicato della gestione Fonseca.
Adesso la priorità diventa il rinnovo di un contratto la cui scadenza nel 2022 si avvicina pericolosamente, senza dimenticare la spada di Damocle della clausola rescissoria da 30 milioni: nessuno mette in dubbio la permanenza del classe '96, ma è tempo che le frequenti parole di elogio della dirigenza romanista nei suoi confronti si tramutino in un più rassicurante nero su bianco.
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