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Otto anni senza Chinaglia, il focoso Long John per sempre nel cuore della Lazio


Ci sono dei calciatori che legano indissolubilmente il proprio nome e la propria carriera a una squadra, venendo ripagati dall'affetto incondizionato e imperituro della tifoseria nei loro confronti. È il caso sicuramente anche di Giorgio Chinaglia e della Lazio. Dopo gli esordi nello Swansea, la famiglia di umilissime origini era infatti emigrata in Galles per cercare fortuna, torna in patria per cercare fortuna nel calcio italiano. Dopo la gavetta in Serie C, la Lazio nota il potente attaccante. Un rapporto di Odi et Amo quello tra Chinaglia e la Lazio soprattutto nei primi tempi: entra subito nelle grazie della tifoseria per le sue gesta e il suo carisma, ma viene anche ripetutamente beccato per i suoi eccessi fuori dal campo e il suo carattere iracondo, in un periodo difficile della storia biancoceleste, culminato con la retrocessione del 1971. È la seconda stagione a Roma di Giorgione, com'era chiamato da tutti per la sua stazza corpulenta, quando si ergerà a condottiero di un'Aquila ferita bisognosa di risorgere dalle ceneri. L'incontro con Maestrelli il punto di svolta di Chinaglia e della storia della Lazio. L'allenatore era reduce anch'egli da una retrocessione col Foggia, ma capì con atteggiamento paterno come esaltare le qualità realizzative di Long John, gestendone allo stesso tempo il temperamento focoso. Prima l'immediata promozione in Serie A, poi uno Scudetto da neopromossa outsider sfumato l'anno dopo all'ultima giornata, alla fine l'apoteosi di un'avventura a tre anni dalla caduta nella serie cadetta. È la stagione 1973-74 e Long John, dopo essersi tolto la soddisfazione di sfidare con un dito puntato la Curva Sud della Roma in un derby vinto con il suo decisivo contributo, segna anche il gol decisivo all'Olimpico per lo Scudetto contro il Foggia. Due immagini consegnate alla storia e alla memoria collettiva di un popolo intero. Saranno 24 le reti (primato in classifica cannonieri) in quella magica annata, che lo consegnerà all'Olimpo della storia biancoceleste. In mezzo anche l'esperienza in Nazionale, tra gli alti e i bassi dettati spesso da un'indole burbera; particolarmente famoso il gesto dell'ombrello dopo una sostituzione al ct Valcareggi, in occasione del debutto del mondiale del '74 in Germania Ovest contro la modesta Haiti. Dopo quel magico 1974, altri due anni con la maglia laziale con un redimento altalenante di squadra, prima della discussa scelta di seguire in America la consorte statunitense a campionato ancora in corso e con la Lazio nuovamente invischiata in zona retrocessione. Nei New York Cosmos di Pelé e Beckenbauer caterve di gol nella modesta NASL, la lega di calcio Nordamericana. Poi il ritiro, la carente Presidenza della Lazio dal 1983 al 1986, le numerose e pesanti vicende giudiziarie, fino alla morte per arresto cardiaco del 1 Aprile 2012 in Florida. Sepolto al Cimitero Flaminio accanto al suo mentore Maestrelli, l'uomo che ne fece lo spietato bomber da 122 reti in 246 presenze con la maglia laziale, e la cui controversa figura verrà sempre tramandata di padre in figlio,come l'eroe di una Lazio capace di accarezzare per la prima volta la gloria attraverso i suoi gol.

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